mercoledì 18 giugno 2014

Un nuovo gioco

Si spostò di lato. Poi cercò di nascondersi. Provò anche a chiuderla fuori dalla sua stanza. Continuava ad inseguirla. Una compagnia inaspettata. Alzò la manina e, timidamente, cominciò a salutarla. Le ricambiava il saluto. Alcune prove come se fosse dinanzi ad uno specchio. Di solito era lei ad imitare smorfie e movenze della sorella maggiore. Ora aveva a che fare con un'emula perfetta, una sosia senza volto. E incombente. Più Agnese si allontanava da lei, più grande e invadente era la sua presenza. Una lanciava la sfida con un gesto della mano, un salto o un improvvisa torsione del corpo. L'altra, senza mai distrazioni, ripeteva, perfettamente sincronizzata.  Trovarono un compromesso. Avrebbero giocato a debita distanza e ognuna per conto proprio. Ma non era divertente. Allora, Agnese si alzò e comincio a correre rasente alle pareti della cameretta e lasciò che, a lungo, la compagna le si affiancasse. Non ci fu, tra le due, una più veloce dell'altra. Stanca e sfinita dal gioco, si accoccolò tra le braccia della mamma. Poi, il sole tramontò e, da subito, cominciò ad avere nostalgia della sua ombra.

lunedì 16 giugno 2014

Una notte per la risposta

Ho dormito male stanotte. In realtà, non ho chiuso occhio. Prima su un fianco e poi sull'altro, ho cercato a lungo la posizione migliore. Poi ho rigirato, più volte, il cuscino per poggiare la faccia dalla parte più fresca della federa. Non è stato solo per il caldo delle prime notti con temperatura estiva. Ha continuato a ronzarmi nella testa la domanda che Marta mi ha fatto ieri sera, dopo averla aiutata a lavarsi, ad infilarsi il pigiama e averla messa a letto. Ha lasciato che le finissi di leggere la storia della buonanotte, come se avesse, volutamente, atteso l'ultimo minuto utile per evitare che le avessi potuto rispondere subito e darmi la possibilità di dormirci su. Dormire, per modo di dire. La consueta preparazione notturna del latte ad Agnese non mi ha affatto distratto. Mi sono di nuovo coricato con lo stesso tarlo. Mi ha colto di sorpresa, mi ha costretto a guardare alla cosa dal suo punto di vista. Non sono certo uno di quelli convinto di avere tutte le risposte e mi sono sempre detto che, se non le avessi avute, con lei non avrei finto. Mi sarei dichiarato inconsapevole e le avrei chiesto di aiutarmi a cercarla, la risposta. Ieri sera, ho dovuto incassare una di quelle provocazioni alla quale non potevo darmi per vinto. Non potevo non saper rispondere, dopo tutto. Dopo le notti insonni dei suoi primi mesi, passate a vegliarla. Dopo aver provato a consolare i suoi pianti. Dopo averla presa per mano e aiutata a compiere i primi passi. Dopo che ho lasciato che sperimentasse il distacco dai suoi genitori, tra le braccia delle dade del nido. Dopo che, ai primi dispiaceri e alle prime frustrazioni, l'ho rassicurata, promettendole che le sarei stato sempre accanto. Dopo tutto questo, non le ho saputo rispondere. Poi stamattina, mi sono alzato e sono andato a svegliarla con un bacio. Ed è stato come se, improvvisamente, non fosse più stato necessario trovare la risposta. E voi che dite? A che serve un papà?

giovedì 22 maggio 2014

Alla guida...

Salgo in auto. L'ultima volta, è stata usata da mia moglie. Devo allontanare il sedile dal volante. Nel sistemare lo specchietto retrovisore, mi sorprendo per la visuale completamente libera. Solitamente, con i due seggiolini porta bimbi, non mi resta che accontentarmi di un cono visivo più stretto di quello del gelato a tre gusti che, ora, trovo spiaccicato sulla tappezzeria posteriore. Già alla guida, mi allaccio la cintura. E questa volta senza che Marta me lo ricordi e senza che io, per giustificarmi del cattivo esempio, faccia finta di essermene dimenticato. Il viaggio è lungo. Accendo la radio e parte il cd con le canzoncine dello Zecchino d'Oro, ora ereditate da Agnese ma che ci tormentano sin dai tempi della primogenita. Spengo e, per reazione, non mi cimento nemmeno, nella sintonizzazione di un canale radio. Tanto si sa, in viaggio non c'è segnale che tenga. Squilla il cellulare. Apro il cassetto del cruscotto per tirar fuori l'auricolare ma immergo la mano in un liquido melmoso. Non si distingue più se si tratta dell'ultimo succo di frutta rifiutato da Agnese o dello yogurt lasciato a metà da Marta prima di entrare, in ritardo, a scuola. Il viaggio prosegue. Il sole picchia sull'autostrada e sento le gomme usate per l'inverno incollarsi sull'asfalto. Devo ricordarmi di fare il cambio e montare quelle estive. Si devo proprio farlo, se voglio viaggiare in sicurezza con le mie cucciole.

lunedì 5 maggio 2014

In viaggio con le frecce

"Chi viaggia con le frecce, viaggia con il massimo confort". Così ci accoglie il treno su cui siamo saliti per le nostre vacanze di Pasqua. Agnese non se lo fa ripetere due volte e si mette a suo agio, occupando interamente il posto che non le spetta.
Marta si siede accanto al finestrino e mi chiede se da qualche parte c'è un indiano che le scaglia con il suo arco lungo i binari. La mamma occupa il terzo posto e a me tocca stare in piedi in fondo alla carrozza, a guardia delle valige raddoppiate rispetto alla partenza (e non certo per clonazione spontanea).
"Sei socio carta freccia?", irrompe lo speaker nel sonno di Agnese che si era appena appisolata. Se mai ci avessi pensato, dopo una così tempestiva azione di marketing se la possono sognare la mia fidelizzazione.
"In prima, si ha diritto ad un welcome drink", recita il nostro loquace accompagnatore. A noi, come benvenuto, sarebbe stato sufficiente un biberon di latte ma credo che, in standard, non sia previsto n'è l'uno nell'altro.
La freccia viaggia veloce con un leggero dondolio che stimola l'intestino della più piccola. "Vado a sgranchirmi un po' le gambe", dice l'ottantenne seduto accanto ad Agnese. E come lui, pian piano, vedo i nostri vicini di posto allontanarsi con le più improbabili della giustificazioni. L’unico rimedio per evitare l’evacuazione totale del treno è il “cambio al volo” del pannolino, utilizzando il bagno della vettura dalle dimensioni notoriamente anguste, qualunque sia la categoria della carrozza. Anche se a 300 km/h, è per me un gioco da ragazzi, una pratica che, ormai da tempo, eseguo con destrezza e perfetto senso di equilibrio.
"Con i nostri treni si viaggia di gusto", insiste la voce che ormai scandisce tutti i momenti della permanenza in carrozza. Mi viene da pensare che sembra di essere in un villaggio turistico dove se uno ha voglia di starsene per fatti suoi e decidere di fare quello che gli pare, quando gli pare, deve chiudersi in bagno. Nel nostro caso, tale soluzione  non è del tutto raccomandabile dopo l’intervento di decontaminazione portato a termine. Inoltre, non capisco se, parlando di gusto, si riferisce agli snack proposti dal personale di bordo o piuttosto alla voracità di Marta che, chissà perché, quando viaggia divorerebbe di tutto, a cominciare dagli omogeneizzati della sorella.
"Grazie per aver viaggiato con Trenitalia", dice alla fine del viaggio, la voce gracchiante dello speaker. Si ma la prossima volta dite all'indiano di scagliare la freccia con più forza. Magari si fa prima ad arrivare!

venerdì 2 maggio 2014

Una sera all’insegna del thriller

Dopo cena, alcuni minuti di silenzio sospetto furono sufficienti a far scattare l'allarme rosso. "Dove è la bambina?". "Non lo so, pensavo fosse…". M. non mi lasciò il tempo di concludere e, con tono concitato, passò oltre. "Marta, Agnese sta giocando con te?". "No mamma, io sto disegnando e non l'ho vista". A quel punto, l'accelerazione del battito cardiaco e la sudorazione, prevalsero sulla lucidità. Si delinearono tre possibili drammatici scenari. M. assunse la regia delle operazioni di soccorso e intestò a se il coordinamento strategico. "Vai a vedere se si è chiusa nell'armadio della sua cameretta”, mi disse con tono minaccioso. “Marta, corri in bagno e controlla se si sta infilando nel cesto della lavatrice". "Io faccio il giro delle finestre per controllare se sono tutte chiuse". A lei, in quanto mamma, in caso di tragedia, sarebbe toccata la pena maggiore. Fortunatamente le finestre erano tutte chiuse ma di Agnese si erano perse le tracce. Nessun ciuccio disseminato per casa che avrebbe potuto aiutarci nella ricerca come, invece, fecero in un'altra situazione, le briciole di pane per Pollicino. La scia maleodorante lasciata dalla bambina prima di un cambio di pannolino avrebbe potuto favorire il ritrovamento. Ma, ahimé, era stata appena cambiata e con grande soddisfazione per tutti gli occupanti della casa. Persino i giochi erano tutti al loro posto e l'ordine insolito non aiutava a ricostruire gli ultimi minuti prima della scomparsa. Il comandante in capo stava cedendo. Al culmine dell'agitazione, squillò il telefono. "Ciao, come stanno le bambine?". E si, perché sono le nipoti la prima (e unica) preoccupazione dei nonni quando chiamano A quel punto, le lacrime si fecero strada  sul volto di M., ormai segnato dalla disperazione. Come ogni thriller che si rispetti, il finale è a sorpresa. Ad ogni lettore il suo preferito:
1) "Papi, corri. Vieni a vedere", gridò Marta. Si era arrampicata spontaneamente sul lettone per addormentarsi, stremata. Ci siamo commossi e, vista l'ora, ne approfittammò per andare tutti a dormire.
2) Aprì gli occhi e mi svegliai dall'incubo. Sarà stata la conseguenza di tutte quelle inutili notizie che solitamente, la sera, vengono riportate dai telegiornali sulla scomparsa dei bambini? Rivalutai, allora, le serate trascorse in compagnia di Peppa Pig.
3) Contando sulla complicità della sorella, era in bagno, impegnata a tirar fuori dalla lavatrice il bucato. E a me, nottetempo, toccò di raccogliere tutto e andare a stendere il bucato.

sabato 26 aprile 2014

Una singolar tenzone

Come se non bastasse quella di tutti i giorni con Agnese e Marta, dabimboamamma" (http://dabimboamamma.wordpress.com/) mi ha lanciato una sfida a colpi di poesia.
Le regole della tenzone consentono un massimo 24 ore da quanto si riceve la comunicazione per pubblicare una poesia e per indicare altri 5 blog che si desidera sfidare.
Seppur non nel tempo indicato, pubblico una poesia, piccola ma importante, di Gianni Rodari.
Il messaggio della "Lettera ai bambini" è chiaro e credo che più che ai bambini di oggi sia un invito ai bambini di ieri o a quelli di domani.

Lettera ai bambini
É difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo,
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.

Ora lancio la sfida a: UnaMammaComeTante (www.unamammacometante.com), Lilia (@lili_lor), lefestediemma (www.lefestediemma.com/shop), Daniele Fratangeli (@superPapino), Sarei Pigra (www.sareipigra.wordpress.com).

venerdì 11 aprile 2014

Il rientro a casa

"Ciao, sono qui....". Non mi aspettavo certo fanfare all'arrivo o tappeti rossi sulle scale d'ingresso ma che almeno mi si rispondesse al saluto. Anche solo per buona educazione. "Eccoti, prendi un po' la piccola che oggi è davvero intrattabile", e' stata la prima comunicazione moglie-marito. "Si, si certo", rispondo schiacciato dal senso di colpa per la lunga assenza. Non è più come ai tempi in cui un papà barattava la scarsa collaborazione domestica con l'assolvimento indefesso degli impegni di lavoro. Oggi, il rientro prevede un percorso di espiazione nel corso del quale assolvere alle seguenti mansioni: cambiare il pannolino ad Agnese un numero di volte direttamente proporzionale ai giorni di lontananza, occuparsi per la settimana successiva di fare le lavatrici e stendere il bucato, trascorrere almeno un pomeriggio intero presso il centro commerciale più grande della zona. Così e' confidando nella clemenza della corte. "Marta, dove sei? Che ne dici di venire a salutare papà?", è di solito la formula successiva. La risposta spesso tarda ad arrivare. Va già bene se a contendermi l'attenzione è l'amichetta di scuola con cui è impegnata nella sua camera per un pomeriggio di giochi e non è, invece, l'ennesima puntata di Peppa Pig trasmessa alla tv a quell'ora. "Ecco, finalmente sei tornato!", è il gelido saluto della nonna che telefona, quando ancora sono sull'uscio di casa, per l'ennesimo monitoraggio della sicurezza delle nipoti, abbandonate dal padre irresponsabile. Alla penultima fermata del treno, mentre sta per terminare il viaggio di ritorno inizio a pensare all'accoglienza che mi aspetta al rientro a casa. E nonostante tutto, sono felice.