giovedì 12 dicembre 2013

La notte dei ciucci cadenti

Dopo interminabili e strazianti minuti di gemiti degni delle migliori produzioni di film horror, improvvisamente il respiro si fa pesante e il corpo, fino a quel momento in preda a innaturali esercizi di contorsionismo, sembra essersi abbandonato al sonno. Ti senti, finalmente in pace con te stesso e a posto con la tua coscienza di papa' modello. Hai fatto il tuo dovere! Assonnato, entri in bagno. Ti liberi del pigiama di guerra, valorosamente esposto ai rigurgiti di latte e impreziosito, come medaglie al valor militare, dalle macchie di pipi che non fai mai in tempo ad evitare tra un cambio di pannolino e l'altro. Soddisfatto e sfinito entri nel letto in punta di piedi, preoccupato di non fare il minimo rumore e di non offrire al nemico nessun pretesto per porre fine alla tregua. Tutto inutile! Tua figlia di pochi mesi aveva finto per alcuni minuti di dormire, giusto il tempo di riacquistare le forze e contrattaccare con maggior vigore. Riprende il corpo a corpo. Con un braccio la tieni sollevata all’altezza delle spalle e con l’altro cerchi di anticiparla, pronto ad intervenire al volo. Ma guai a distrarsi. Quando il confronto sembra in parità, una finta di testa e un colpo di reni ti colgono di sorpresa e il bebè ti prende di contropiede. Il lancio del ciuccio è la classica mossa che segna la fine di ogni trattativa e vanificherà definitivamente tutti gli sforzi fatti fin a quel momento per acquietarla. E’ il rifiuto di ogni consolazione. Se, incurante dei dolori muscolari dovuti all’avanzare dell’età, lo raccogli e provi ostinatamente ad offrirglielo di nuovo, rischi di acuire le ostilità. E’ per lei una insopportabile provocazione. Allora, nel buio della camera trasformata in campo di battaglia, si accendono traiettorie illuminate dalla scia bianca della tettarella, scagliata dalla forza propulsiva di ripetuti sputi. Se "notte di ciucci cadenti", deve essere allora che si possa esprimere liberamente il più deprecabile dei desideri, che ci si possa permettere la più becera delle deresponsabilizzazioni di cui si può macchiare un padre modello. Vorrei che stasera mia figlia si addormentasse senza "se è senza ma". Evitare il tiremmolla con il sonno e non consentirle di ritardare al più classico degli appuntamenti quotidiani, la nanna, "facendo melina" tra coccole e biberon. Sarei contento, poi, di "saltare" il cambio di pannolino dell'ultimo istante, come se fossimo al pit stop di una gara di formula uno. "Così la bambina dorme asciutta", è la motivazione della mamma premurosa che solo per una notte vorrei poter non considerare, senza sentirmi come davanti ad un plotone di esecuzione. Insomma, stasera vado a letto e non voglio saperne niente! Per ignote e insondabili ragioni astrali, l’auspicio non sortisce alcun effetto e, ancora per una notte, si tira tardi, augurandosi che, con i primi bagliori di luce, si possa finalmente iniziare una nuova riposante e rilassante giornata di lavoro.

venerdì 29 novembre 2013

Sulla Torre di un Castello

Sai Marta, mamma e papà hanno abitato nella torre di un castello. Dai papi, ma davvero? E dove stava questo castello? Marta, ti ricordi quando abbiamo letto il libro* "La torta nel cielo"? Beh, in una borgata vicino a quella dove vivevano Paolo e Rita. Anche li vivevano "li marziani" ma, fortunatamente, erano gentili e simpatici. Sempre, tranne quando perdeva la "Roma", la loro squadra del cuore. Papi, ma con voi vivevano anche la regina e il re? Si Marta, in verità, in quella borgata, ci sono, ancora oggi, tante regine e tanti re. E non solo. Ci sono tanti principi, principesse e nobili cortigiani (o almeno credono di esserlo). Ognuno pensa di comandare su qualcosa o su qualcuno! E le persone, papi, cosa dicono? Nulla Marta. Glielo lasciano credere. Papi, ma voi cosa facevate? Tante cose Marta. Bastava andare in giro a passeggio e, ad ogni angolo, c'era qualcosa da visitare. Ma la cosa più interessante era osservare le persone parlare tra loro. Sguardi, gesti e conversazioni erano un vero e proprio spettacolo dal vivo. A proposito, spesso mamma ed io andavamo ad ammirare "er Colosseo", un antico teatro in cui i leoni cercavano di fare amicizia con gli uomini. Questi ultimi, che venivano chiamati "li Gladiatori", non capivano le reali intenzioni dei loro compagni di scena e pensavano che fosse necessario recitare con elmo, scudo e spada. E le persone, papi, cosa dicevano? Nulla Marta. Si limitavano a mostrare il pollice. "Recto" o "verso", a seconda se tifavano per gli uomini o gli animali. Insomma papi, vi piaceva vivere in quel castello. Si Marta, tanto. Eravamo proprio in un bel posto e con tanti sogni da realizzare, proprio come in una fiaba. E adesso, papi? Adesso non abitiamo più in un castello ma abbiamo realizzato il sogno più importante. Quale, papi? Nella nostra casa non ci sono regine e re. Ne tanto meno principi, principesse e nobili. Ma ci sei tu e la tua sorellina. E come nel finale di una fiaba, tutti vissero felici e contenti.


*P.S. "LA TORTA IN CIELO", Gianni Rodari
Una gigantesca torta ritenuta un’astronave marziana è stata, per alcune settimane, l’argomento di “tendenza” delle chiacchierate pre-nanna. La prima lettura “lunga” con e per Marta. Al grido de “Li marziani”, abbiamo parlato di noi e del mondo che ci circonda. Non ogni sera ma ogni sera che ne abbiamo avuto voglia, abbiamo esplorato, capitolo per capitolo, la “Torta in cielo” di Gianni Rodari: la saga avvincente di due bambini che, superando le reticenze degli adulti e guardando alle cose per quello che sono, svelano dietro l’apparente pericolo una gigantesca leccornia, tutta da gustare. Nonostante una lettura ed un ritmo non sempre all’altezza da parte del narratore (cioè io), Marta è quasi sempre riuscita ad arrivare in fondo al capitolo della sera e quando non c’è riuscita per il “troppo sonno”, il giorno dopo, ha preteso che le rileggessi i passaggi principali quasi a volerli memorizzare per non dimenticare nulla della vicenda di Paolo e Rita. Tanti spunti e tante occasioni per divagare: le borgate romane e il dialetto romanesco, i dialoghi surreali tra Dedalo e Diomede, il Professor Zeta e l’indifferenza per le conseguenze della sua attività scientifica. L’autore conclude dicendo che “ce ne sarà per tutti, un giorno o l’altro, quando si faranno le torte al posto delle bombe”. In attesa che ciò accada, Marta ed io abbiamo goduto a sufficienza del nostro pezzo di torta.

venerdì 22 novembre 2013

Promemoria

Allora andiamo con ordine. Ricordare di portare la copertura del carrozzino, in caso di pioggia. Non entrare prima delle 12. D'accordo con le dade, stiamo provando ad allungare i tempi di permanenza al nido. Recuperare il carrozzino dalla tettoia sotto la quale è parcheggiato e accostarlo alla porta d'uscita. Altrimenti, nel trasferimento interno-esterno, “la bambina” prende freddo e potrebbe ammalarsi. Indossare i calzari (quelli tipo ospedale) senza i quali non si è autorizzati ad entrare nella sezione dei piccoli. Chiedere alla dada di riferimento “come e' andata”, “se ha pianto" e “se ha mangiato tutto”, esattamente in quest'ordine. Prima dell’uscita, infilarle il cappotto, la sciarpa e il capello. Sostituire le calze antiscivolo (da lasciare al nido) con quelle da passeggio (da riportare a casa). Non dimenticare di prendere il ciuccio, dalla buchetta dove sono conservati gli oggetti personali de “la bambina”. Dopo diversi tentativi, di cui siete stati edotti in precedenti post, abbiamo cominciato una frequentazione quasi regolare del nido e Agnese sembra pian piano rassegnarsi all’idea. Se alla mamma è toccato seguirla nei momenti difficile dell’inserimento e starle accanto per rendere graduale il distacco, al papà spetta il compito di accompagnare l’accompagnatrice (in bus per sollevare la carrozzina “in salita e in discesa” e in auto in caso di pioggia) e andare a “ritirare” la cucciola a fine giornata scolastica. Un compito che mi viene affidato non senza qualche esitazione e patema. Opportunamente istruito, mi affido alla memoria e mi cimento in una delle tante prove a cui si deve il titolo onorifico di papà. Finalmente fuori. Ho ricordato tutto e nell’ordine giusto. Sono un papà davvero in gamba! Con questa convinzione, rientro verso casa e salgo baldanzoso le scale (più realisticamente con il carrozzino, prendo l’ascensore) e mi presento trionfante alla porta. M. mi guarda e, poi, dopo essersi accertata che “la bambina” è rientrata sana e salva e ben coperta, mi dice: “Bravo, non te li levare. Cammina con quelli. Ho appena lavato a terra”. Oh no! Ho dimenticato ai piedi i calzari della scuola…

mercoledì 13 novembre 2013

Le Celebrazioni del Quinquennio

Le appoggiò la mano sulla spalla e le disse: ti va di farlo insieme? Lei lo guardo e capì che non si sarebbe potuta sottrarre. Lui attraversava un periodo di grandi emozioni. Fino a quel momento, la sua vita sembrava seguire la trama di un film di fantasy. Usciva ed entrava da storie impossibili e senza apparente senso. Lei, ormai, scottata dalla recente disillusione per non essere più al centro dell’attenzione delle sue relazioni più intime, era alla ricerca di nuove certezze e di un punto di riferimento che l'appagasse. Un ineluttabile destino li legava. Seppur consapevoli del passo che stavano per compiere, i due non avevano valutato attentamente le conseguenze della loro decisione. E presto avrebbero dovuto dirlo anche a tutti i loro amici, senza più possibilità di ripensamenti. E’ cosi che Marta e il suo amichetto Mattia decisero di festeggiare insieme il loro compleanno che, per entrambi, cade nel mese di ottobre. Per le loro famiglie non fu semplice accettare la decisione. Non potendo disattendere le attese di un festeggiamento privato con nonni e parenti, oltre all’anniversario della data fissata dal parto fu necessario programmare un’ulteriore ricorrenza dedicata all’anniversario comune. Si dette, così, avvio ad un vero e proprio periodo di celebrazioni dedicate al “Quinquennio”. Come prima cosa, fu istituito un Comitato per i festeggiamenti, costituito dalle due mamme e i due papà, con la consulenza esterna delle zie. Nell’elenco delle iniziative, chiaramente, assunse un ruolo centrale l’evento di chiusura, la festa con tutti gli amichetti di scuola. Da quel momento in poi, cominciò una corsa contro il tempo: la selezione del luogo più idoneo ad ospitare l’evento in programma, gli inviti agli amici e l’attività di “recall” per accertarsi che non facessero mancare la loro vicinanza, la più opportuna modalità di animazione del pomeriggio e, infine, la scelta e la preparazione del menù da offrire agli ospiti. Dopo un breve (e frustrante) brainstorming interno al Comitato, si decise di assegnare a ciascuno componente un compito preciso. La recensione dei siti web specializzati nella ricerca di location e idee per l'organizzazione e l’animazione di feste per bambini fu fatta propria dalle mamme. Così come l’attività di comunicazione e relazioni esterne fu affidata per affinità e vocazione alle mogli. Dopo aver scartato l’ipotesi di tirare a sorte l’esito, il Comitato assegno ai papà le mansioni logistiche: facchinaggio, provvista viveri e servizio trasporto. A nulla valsero le rimostranze fatte dalla componente maschile del Comitato circa l’iniqua distribuzione delle incombenze. Nello statuto di insediamento dello stesso (in maniera del tutto controtendenza rispetto a quanto accade nelle principali Istituzioni del nostro Paese), era stato previsto il parere vincolante della quota rosa. A parte ciò, tutto andò per il verso giusto fino alla fine. Gli amici arrivarono e, con loro, i regali. Sala e rinfresco si rivelarono all'altezza delle aspettative. Musica e animazione non furono da meno e resero onore alla rilevanza di un tale evento. Il Comitato, sopravvissuto alle fatiche organizzative, era più coeso che mai è i suoi componenti galvanizzati dall'adrenalina dei giorni trascorsi nel vortice dei preparativi. Ma come in ogni finale che si rispetti, ecco il colpo di scena. Marta e Mattia ripresero il centro della scena e, al momento della torta, litigarono per chi aveva il diritto di soffiare per primo sulle candeline. Quando la musica fini e gli amici se ne andarono, fu rottura del sodalizio. Lui aveva già un'altra storia da inseguire e con lui la sua mamma. Lei, confusa, provo' a dimenticare l'ennesimo abbandono tra le braccia materne. Ai papà tocco, nonostante tutto, la pulizia della sala e gli ultimi servizi di facchinaggio. Finalmente a casa, concluse le celebrazioni del quinquennio, si insinuava, però, un inquietante pensiero: l'avvicinarsi del primo compleanno di Agnese. Un incubo!

giovedì 24 ottobre 2013

Rimprovero o abbraccio?

Si acciglia, ingobbisce la schiena e si mette a braccia conserte. A quel punto, so che sta per arrivare uno di quei momenti per affrontare i quali sarebbe stato utile aver partecipato a quei corsi dal titolo “genitori si diventa" e, in aggiunta, avere  il supporto (e il conforto) di un’equipe di pedagogisti e psicologi. Nessuna illusione. Sei solo. Devi confrontarti a viso aperto con le sue emozioni e le sue impuntature. La stabilità emotiva di Marta, nell’ultimo periodo, è una delle prove più difficili per l’autostima di un papà. Un capriccio può partire per qualunque motivo (la maglia giusta per andare a scuola o una qualsiasi richiesta non soddisfatta) e in seguito a qualsiasi sollecitazione (ti sei lavata le mani per bene?, adesso basta giocare, è ora di andare a nanna!). D'istinto vorresti chiedere l'intervento della mamma ("arrivano i nostri") ma poi pensi che sarebbe una resa e l'orgoglio ti frena. Che fare? Cosa dire? Ma, soprattutto come interpretare i suoi sentimenti? Marta come tutte le bimbe della sua età, ha già vissuto esperienze “terribili”: il “distacco emotivo” prima dal seno materno e poi dal ciuccio, la “residenza forzata” nella sua cameretta nelle lunghe ore notturne, l’”abbandono” a scuola e, ora, la scoperta di non essere al centro dell’attenzione del mondo intero. Marta è un tipo in gamba. Con la nascita di Agnese, però, deve imparare a condividere i suoi genitori con la sorellina. A distanza di qualche mese, dopo un primo periodo di apparente serenità, quando il percolo sembrava scongiurato, la gelosia ti presenta il conto. Sgomento per i continui e repentini cambi d'umore (che solitamente si accompagnano ad un pianto straziante e prolungato), sei indeciso tra fermezza e affetto: un rimprovero o un abbraccio?

mercoledì 9 ottobre 2013

L'intervista in"sostenibile"

Tra un cartone e l’altro, a volte c’è il “rischio” di vedere qualche spezzone di telegiornale. Capita, allora, di commentare…Il tema è molto importante e Marta molto curiosa!

Marta: Papi, cosa significa raccolta differenziata?
A: Che ogni qualvolta buttiamo via qualcosa, dobbiamo stare attenti a separare i materiali di diversa natura: ad esempio, il legno, la carta, la plastica e i rifiuti alimentari. Ognuno di questi materiali va smaltito in modo diverso e, con adeguati macchinari, può essere riciclato.
Marta: Papi, fammi qualche esempio di cose riclicate.
A: Marta, si dice riciclate non riclicate
Marta: Va bene Papi, non fare il pignolo!
A: E’ semplice Marta. Pensa, ad esempio, al vetro. Quello delle bottiglie vuote, una volta raccolto può essere fuso e riutilizzato per fare altre bottiglie, anche se di minore qualità. Ancora, pensa alle suole di cuoio delle scarpe vecchie con cui si possono fare oggetti come cinture e borsoni.
Marta: Papi, ma come fai a separare i materiali nel caso del pannolino sporco di Agnese?
A: In quel caso si tratta di un rifiuto indifferenziato. Alcuni materiali non sono riutilizzabili facilmente e vengono portati in discarica
Marta: Papi, ma chi li deve portare in questa discarica?
A: La prima mossa spetta a noi. Ci sono due modi per farlo. In un caso, si raccolgono i rifiuti in sacchetti diversi e si portano nei diversi cassonetti, ciascuno con un colore diverso a seconda del tipo di rifiuto che deve ospitare. L’altro sistema è detto “porta a porta”. Noi lasciamo i sacchetti all’uscio delle nostre case e delle persone preparate per questo compito vengono a prenderli direttamente a casa e li portano via
Marta: Papi, ma se bussano alla porta, la mamma ha detto di non aprire a nessuno.
A: Dai, Marta adesso sei tu la pignola! In questo caso, le persone che vengono a prendere i nostri sacchetti sono mandate dal Sindaco della nostra città per aiutarci.
Marta: Non so, papi. Chiederò alla mamma!
Marta: Papi, posso fare un’altra domanda?
A: Si
Marta: Su, Papi non fare il permaloso
A: Dimmi Marta!
Marta: Quando l’altra sera mi hai impedito di vedere i cartoni per guardare il tuo telegiornale, ho sentito che alcune persone non volevano abitare vicino ad un termovalorizzatore. Ma cosa è un termovalorizzatore?
A: Immagina un gigantesco forno nel quale, spesso, finiscono tutti i rifiuti senza essere prima differenziati e trattati. Lo scopo è di bruciarli e con il calore che si sviluppa produrre l’energia con cui, ad esempio, illuminiamo le nostre case.
Marta: Ma se è così, papi, perché le persone non sono contente?
A: In realtà, questi forni oltre a produrre molto meno energia di quanto se ne sprechi per bruciare i rifiuti, producono cenere e fumi che inquinano la terra e sono pericolosi per la salute degli uomini.
Marta: Ho capito, Papi. Quindi il termovalorizzatore è come la nostra vicina di casa che, quando cucina, fa molta puzza e le torte che mi regala sono tutte bruciate.

domenica 6 ottobre 2013

Fantasia versus Scienza

Primo pomeriggio. Ancora giorno pieno. La luna era alta in cielo, nonostante l’ora. Papi ma come è possibile?, mi disse Marta guardandomi perplessa. Le avevo sempre raccontato la storia del sole e della luna che, all'alba e al tramonto, si danno il cambio. Si salutano e si augurano, a vicenda, di svolgere un buon lavoro nel loro turno di sentinelle del mondo. O l’uno o l’altro. Un flirt che continua per l’eternità, senza possibilità di convivenza. Nei miei racconti non ho tenuto conto della verità scientifica di due corpi celesti che coabitano nella galassia e che, semplicemente, sono più o meno visibili quando con occhi puntati in alto guardiamo il cielo, a seconda delle fasi lunari. La domanda di Marta mi metteva spalle al muro: cedere alla scienza o arrampicarmi sugli specchi e provare a dare, ancora una volta, una spiegazione di fantasia. Indovinate un po’ cosa decisi di fare? Come se fossi stato chiamato a relazionare ad un congresso scientifico, mi detti il tono di uno studioso di fama mondiale. Marta, devi sapere che anche gli amori impossibili hanno la loro opportunità di realizzarsi. A volte la Luna e il Sole approfittano della distrazione del cielo e restano per un po’ a chiacchierare tra loro. Ed è così che, in quelle occasioni, è possibile vederli insieme. Un papà meno propenso a fantasticare, le avrebbe spiegato che la presenza contemporanea in cielo di Luna e Sole, di giorno, non è un'eccezione. Anzi, è vero il contrario. Ma il fenomeno scientificamente spiegato non sarebbe stato oggetto di questo blog nè mi avrebbe permesso di alimentare la curiosità di Marta e lasciarle cercare la verità da sola. Il suo naturale interlocutore, in questi casi, è il nonno, già citato come fan di trasmissioni di divulgazione scientifica. Opportunamente istruita, è, quindi, tornata alla carica. “Papi, il nonno mi ha raccontato la verità sul sole e la luna”. Ormai dovevo tentare il tutto e per tutto e non darla vinta alla scienza (ma soprattutto non dare soddisfazione al nonno): “Ah, si! Ma hai avvisato il cielo?”.

venerdì 27 settembre 2013

Corrispondenza dal fronte

Per M. come per ogni mamma, l’inserimento al nido della propria figlia di 9 mesi è un evento traumatico.

E per il papà?

Ore 9,00. Sono a lavoro. Tre documenti aperti in contemporanea sul desktop del pc. In video conferenza su skype. La mail in consultazione sul tablet.

La vibrazione dello smartphone mi avvisa dell'avvio di una conversazione tramite sms.
 Alcuni minuti dopo...
Passa qualche minuto e, distratto dalla videoconferenza, mi dimentico di controllare la risposta.
Dopo un po’, controllo il centro messaggi dell'iPhone. Nulla!
Trascorrono, invano, cinque minuti:
Finalmente, dopo un'attesa che a quel punto era diventata febbrile:
 Ma è moralmente giusto inviare al papà al lavoro un resoconto di tale realismo?
La peggiore risposta a questo punto, può essere solo il silenzio. E così è!

Comincio a pensare al peggio. Devo ricorrere a tutto l'ottimismo a disposizione e attendere fiducioso perché sicuro che “al fronte” qualcuno sta combattendo anche per me.

Passano 30 interminabili minuti ed un nuovo messaggio, finalmente, mi consente di comprendere quale è l’esatta situazione  sul campo.
E’ una ritirata. E’ chiaro che la truppa è demoralizzata. Dall’alto del mio grado di generale e condottiero, penso che le possibilità di vittoria siano ancora intatte.

E’ solo il primo giorno di inserimento!

Continua...

martedì 24 settembre 2013

Ai tempi della scuola

E’ il tempo della scuola che detta i tempi delle nostre giornate. “Marta, sei pronta?” E’ il mantra che si ripete ogni mattina per evitare ritardi. Ma procediamo dall’inizio. Entro in camera per il bacio del risveglio e, in cambio, ottengo la tenace resistenza alla sveglia. “Uffa papi, ma come devo dirtelo che io la mattina ho sonno!”. “Vedi, questo è il motivo per cui, la sera, ti diciamo di andare a dormire presto”. Mentre trattiamo le condizioni della resa, dall’altra stanza M. - che sta cambiando il pannolino ad Agnese - comincia a sollecitare i preparativi. Ottengo la disponibilità ad alzarsi solo a condizione che, a colazione, le lasci mangiare pane e nutella e che, prima di andare in bagno a lavarsi, si giochi insieme per ben dieci minuti. Mi sembra un successo visto i trascorsi che ci hanno visto arrivare a scuola pochi secondi prima della conta per i pasti della mensa. Il dado Marco ci ha giurato che la prossima volta ci lascia fuori. Di solito, se può, lui chiude un occhio. Ma nel nostro caso li dovrebbe chiudere tutti e due. A tavola, le fette di nutella da due passano a tre. Una sola fetta non è nemmeno contemplata nel novero delle possibilità di mediazione. “Latte, succo o yogurt?”, le chiedo. “Latte, papi. E ricordati la cannuccia”. “Per favore, Marta. Si dice: per favore!”. Credete che sia inutile esercitarsi in autorità? A volte, qualche risultato si ottiene. “Papi, scusa”. Le porgo la tazza e lei: “Papi, ho detto con la cannuccia!” Sto per arrabbiarmi. “Marta sei pronta?”, grida la mamma mentre con il biberon serve la colazione all’altro ospite. Adesso si gioca! Nella stanzetta si riversano a terra gli scatoloni con i giochi e si allestisce la scena per rappresentare le vicissitudini della famiglia dei bambolotti. Sembra un secolo ma sono passati solo 7 minuti. Il timer impostato per dare lo stop è rigoroso. Meno tre, meno due, uno…”Marta sei pronta?” La mamma non poteva sapere che – pur se terminato il tempo pattuito - non si può lasciare solo a casa Cicciobello con la febbre. Prima di uscire è necessario aspettare la visita del dottore. E si sa che il pediatra non è mai puntuale. “Martaaaa sei pronta?”, urla la mamma. Riesco a dissuadere Marta dal denunciare al telefono azzurro la mamma per mancato soccorso di neonato (mi costa una partecipazione al sequel della vicenda prima di cena) e la convinco ad avviare le pratiche della vestizione. “No questo pantalone è stretto. La maglietta non ha i brillantini. E non voglio i calzini doppi. Le scarpe da ginnastica, vanno bene. Ma solo se sono quelle con le luci nella suola”. “Martaaaaaaaaaaaa….". Alt! Fermi tutti! Questo era il film dell’anno scorso. Al suo terzo anno di materna, Marta si sveglia contenta di andare a scuola, fa colazione con cibi sani e ascolta i consigli della mamma in fatto di moda. Almeno per adesso. Quando arriviamo a scuola, però, il dado Marco ci lancia ancora un’occhiataccia. Siamo sempre e comunque in ritardo!

venerdì 20 settembre 2013

La leggenda dell’infante bevitore


Non ci sono solo storie che raccontano grandi gesta ma anche quelle che potrebbero essere taciute se non fosse che l'ego del narratore veda in esse l'occasione di un richiamo eroico alla propria esistenza. A suggerire lo spunto del presente post, è stata la notizia del ritrovamento, da parte di studiosi tedeschi, di alcune carte del Sommo Poeta contenenti parti della Divina Commedia, escluse nella stesura finale delle tre cantiche.

Meritar l'onor dovetti con ardua missione.
L'ordine mi fu impartito, notte tempo, 
da sacra vestale. 
Perizia, coraggio e ardire occorsero 
per portar diletto e 
nutrimento all'irrequieto infante. 
Fato e fortuna avversa, però, nascosero 
al mondo la gloria dell'opra mia.

L’episodio, sconosciuto al grosso pubblico, rievoca le vicissitudini di un cavaliere medioevale investito, ogni notte, del compito di  preparare il latte per calmare le urla strazianti dell’infante affamata e impaziente. A voi, tali gesta, sembreranno poco cavalleresche ma qualunque papà sottoposto a tale sacrificio sarebbe pronto a riconoscere al protagonista dei versi ritrovati non solo l’eroismo dell’impresa ma anche la rilevanza storica, degna di essere tramandata da generazione in generazione. Al di là della trasposizione poetica, le cose stanno più o meno così. E’ notte fonda e, da poco, si è riusciti a prendere sonno. Gli scienziati direbbero che non si è ancora nella fase del sonno REM, quando una poderosa manata sulla spalla ti “suggerisce” l’immediato risveglio per prendere atto delle esigenze notturne di “tua” figlia. Fallito il tentativo di risolvere la questione "imponendole" il ciuccio, ti viene spontaneo proporre una diagnosi (“Non è che ha fame, la piccola?”) e, subito dopo, proporti per una possibile terapia (“Vuoi che vada a preparare il biberon?”). Nella domanda è, spesso, contenuta una flebile speranza: che la fame si plachi da sola o che la sacra vestale, spinta dall’amore materno, decida di provvedere autonomamente al nutrimento della bimba. Ma le cose non vanno sempre come si vorrebbe. Hai pochi minuti per alzarti dal letto e, con ancora gli occhi chiusi dal sonno, precipitarti in cucina, inciampando nei vari giochi disseminati sul pavimento come ostacoli che si oppongono alla tua nobile missione. Una volta alle prese con il biberon, la principale attenzione deve essere posta alla temperatura del latte. Non è mai quella giusta. Per un principio fisico, ancora sconosciuto, se riscaldi la stessa quantità d’acqua regolando la manopola del  micro-onde sempre allo stesso modo, non otterrai mai lo stesso risultato. E di questo si può essere certi, quando credi di aver portato a termine l’incarico con successo, ti sarà chiesto conto dalla sacra vestale. Tornando al nostro cavaliere, non resta che ricordare che nonostante si sia fatto protagonista di simili gesta e abbia precorso vicissitudini di tale rilevanza, di lui la storia si è fatta beffe dimenticandolo tra le carte impolverate del poeta. Speriamo che, nel nostro caso, l’infante crescendo (e a sacra vestale piacendo) avrà traccia del sacrificio del proprio papà.

martedì 17 settembre 2013

Famiglia certificata!

“Si siamo noi. E’ giunto il giorno del nostro appuntamento…”. Solo qualche secondo prima, aveva squillato il telefono giocattolo (quello con i grossi pulsanti che, al tocco, emettevano versi di animali e vari stacchetti musicali) ed, ora, Agnese si trovava a risentire la voce dell’Organizzazione. Aveva dimenticato che, dopo qualche mese dalla nascita, avrebbe dovuto fare rapporto sulla famiglia a cui era stata destinata. Loro dovevano fare il tagliando finale. Solo così la “pratica della nascita” sarebbe stata completata. “Non abbiamo molto tempo. Procediamo velocemente alla tua audizione”. Non è che fossero stati mai simpatici, quelli dell’Organizzazione ma almeno avrebbero potuto essere più cortesi. Chiederle come stava. Come aveva trascorso i suoi primi nove mesi. Se sentiva nostalgia della nuvoletta di origine. Cose così, anche solo per fare un po’ di conversazione. Agnese, però, li conosceva bene e non ci rimase male. “Numero componenti della famiglia?”. “Tre: mamma, papà e sorellina”. “Di Marta, conosciamo tutto. Lei è sotto costante osservazione. Riferisci solo sul suo comportamento nei tuoi confronti. Se ritieni che stia svolgendo efficacemente il ruolo di tutor che le è stato affidato”. Agnese avrebbe voluto dire la verità ma ormai si era già affezionata a quella bambina che le era stata presentata all’arrivo e non voleva metterla nei guai. “E’ la migliore sorella maggiore che mi poteva capitare”. “Agnese! Tuonò l’Organizzazione. Conosci le regole. Niente bugie. Ti ordino di fare un rapporto veritiero, senza omissioni”. “E va bene. E’ molto gentile e simpatica con me ma quando fa i capricci dimentica il suo ruolo. A volte devo ricordarle chi tra noi è la più piccola e chi deve dare l’esempio. Ma non mi sembra così grave, vero?”. L’Organizzazione passò oltre. “Adesso riferisci su tua madre”. Agnese fece un sospiro. Si senti sollevata. La mamma le avrebbe fatto fare sicuramente una bella figura. Espose: “Tra i tre, nonostante la gravidanza prima ed il peso della maternità dopo, la mamma è quella sicuramente più equilibrata”. Un giudizio tecnico che non ti aspetti da una bambina di nove mesi ma rivelava alla commissione che aveva di fronte la sua precoce maturità. Ci fu qualche secondo di silenzio. Una pausa per niente beneaugurate. Temeva quel momento e si aspettava prima o poi l’ultima domanda. “Mi sembra che non resti che relazionare sull’ultimo componente della famiglia. Avanti, procedi”. Agnese era molto preoccupata delle bizzarre ed estemporanee trovate del suo papà. L’ultima delle quali consisteva nella decisione di assumere (senza che nessuno glielo avesse proposto) il ruolo di osservatore delle dinamiche familiari. Un auto-candidatura che non era piaciuta a nessuno. Insomma, per intenderci, con la storia del blog stava mettendo a dura prova la pazienza familiare. Si fece coraggio e disse agli interlocutori in attesa: “Facciamo così, consentitemi di evitare giudizi di merito sul suo ruolo familiare e lasciatemi esprimere solo la soddisfazione per l’amore con cui ha saputo accogliermi. Tanto può bastare, vero?”. Il silenzio dell’Organizzazione la autorizzò a pensare che quella condotta di difesa era passata positivamente al vaglio dei giudici. Nessuno tornò sull’argomento. “Infine, Agnese devi valutare attentamente se ritieni che questo attuale possa essere il contesto familiare nel quale crescere e diventare adulta”. Come al solito, l’Organizzazione faceva la voce grossa ma poi lasciava libertà di scelta e rimandava alla responsabilità personale scelte determinanti per il proprio futuro. “Va bene così”, disse Agnese. Aggiunse: “Devo confessare che all’inizio ho avuto qualche dubbio. Poi la vita in famiglia, mese dopo mese, mi ha permesso di conoscerli bene e ho imparato ad apprezzarli e ad amarli. So che il futuro potrà riservare sorprese ma sento di potermi fidare di loro e di poterli scegliere come compagni e guide della mia vita”. Non si sa in quanti fossero i giudici ma si avverti indistintamente che si consultarono per qualche minuto e poi emisero la sentenza. “In nome dell’Organizzazione, dichiariamo solennemente che la famiglia a cui sei stata affidata alla nascita può essere considerata definitiva, Da oggi in poi perderai le ali che avevi conservato al varco di uscita e sarai a tutti gli effetti considerata una bambina”. Tutto era compiuto. Restava l’ultima formula del dispositivo di certificazione: “Ora potrai dimenticarti di noi ma noi non ci dimenticheremo mai di te”.

sabato 14 settembre 2013

Cara Marta...



La sua prima volta. Papi è successo. Cosa Marta? Dai papi, te lo avevo detto. Si è vero me ne aveva parlato ma non avrei mai creduto che sarebbe successo così presto. Era arrivato il momento ed io mi ero distratto. Non le ero stato vicino in un occasione così speciale. Dove è successo Marta? A scuola, papi. Avrei voluto chiederle di raccontarmi tutto ma non ce n'era bisogno. Avrei potuto immaginarlo. La sua prima volta. Un'emozione fortissima. La perdita di una parte di sé ma, nello stesso tempo, la consapevolezza di essere cresciuta. Voleva essere come le sue amichette più grandi ed ora lo è. Aveva affrontato una trasformazione che avrebbe segnato per sempre la sua vita e non avrebbe più potuto tornare indietro. Tutto era successo così in fretta e tutto senza poter contare sulla presenza rassicurante del suo papà. So che non avrebbe potuto conservare a lungo quella condizione tipica della sua giovane età ma avrei voluto avere più tempo per condividere con lei l’esperienza iniziatica. E ora Marta cosa conti di fare? Papi, aspetto la fatina dei denti che venga a prendere il dentino che mi è caduto e mi porti un soldino.

Per chi fosse interessato, di seguito, è possibile leggere il testo della lettera lasciata, nottetempo, dalla fatina.


Cara Marta,
mi presento sono la fatina dei denti.

Una fatina particolare perché di me non si parla in nessuna fiaba e non ci sono cartoni in televisione che raccontano la mia storia.

Esco dal bosco incantato in cui vivo solo quando i bambini perdono il loro primo dentino per prenderlo e portarlo via.

Cosa ne faccio di tutti i dentini raccolti? Questo è un mistero che solo il tuo papà ti potrà svelare quando sarà il momento.

Il mio principale incantesimo è lasciare al posto di ogni dentino qualche soldino, con cui ogni bimbo può esaudire un suo piccolo desiderio.

La vera magia, però, è ciò che ti sta accadendo.

Questo, per te, è un giorno importante. La caduta del tuo primo dentino è l’inizio di una nuova avventura che ti porterà a diventare più grande.

Crescere è come un gioco pieno di sorprese. E ogni volta che si supera una prova, si diventa più esperti e più forti.

Stamani andando a scuola, potrai mostrare la bella novità a tutti i tuoi compagni. Al rientro, potrai telefonare ai tuoi nonni e raccontare loro ciò che ti è successo. Insomma, è il momento di condividere con gli altri l’emozione per una nuova tappa del tuo cammino nel mondo.

So che sei una bimba sorridente e solare. I tuoi genitori mi hanno riferito che sei molto coraggiose e stai affrontando con serenità ed entusiasmo i tanti cambiamenti che sono sopravvenuti nella tua vita: prima l’arrivo della sorellina, poi la nuova casa e, ora, il cambio delle maestre al tuo ultimo anno di scuola materna.

Io non tornerò più a visitarti. Il mio compito con te finisce al tuo primo dentino. Se lo vorrai, altri verranno per festeggiare la caduta degli altri dentini: il topolino, lo gnomo, il folletto, Arturo il mago del futuro.

Prima di lasciarti, però, voglio chiederti di farmi una promessa, quella di continuare a crescere così come stai facendo, conservando la tua curiosità e il tuo entusiasmo per le cose nuove.

So che ciò che ti chiedo non è un impegno semplice ma sono sicura che tu ce la farai!

Con affetto, la tua fatina dei denti.

giovedì 12 settembre 2013

Festa di benvenuto

Ultimi giorni d’estate. Il sole un po' assonnato fa capolino tra i rami degli alberi, lasciando in ombra il fossato asciutto ma sicuramente pieno di insidie per chiunque volesse tentare la sorte e attraversare il ponte levatoio. Le grida assordanti che provengono dal cammino di ronda, nascosto dietro alla merlatura del castello, avrebbero spaventato il cavaliere più temerario. Mattia, investito di una eroica missione, corre lancia in resta a salvare la sua principessa. "Vieni a sconfiggere i draghi che si sono impossessati del regno", dice Marta al suo amichetto rimasto in disparte tra tante bambine, agguerrite e per niente disposte a condividere il loro gioco con uno dei pochi maschietti presenti. I bambini della scuola materna hanno deciso di organizzare una festa per dare il benvenuto all'anno scolastico appena iniziato. Lo hanno fatto alla loro maniera: giochi all'aperto, tante leccornie da mangiare e ancora un giorno intero a farsi coccolare dai genitori. E' stato sufficiente un veloce giro di telefonate per fissare l'appuntamento e decidere a chi far preparare i panini, a chi far portare i dolci e a chi affidare il compito di andare a fare la spesa per tutti. Non sono mancate opinioni diverse sul luogo del picnic ma poi tutti hanno convenuto che il posto ideale sarebbe stato nel parco, proprio accanto al castello di legno. Li dove sarebbe stato possibile per una giovane principessa invocare aiuto e per un giovane cavaliere dar prova del proprio coraggio. Mentre tutt'intorno impazza la festa e il parco si anima di voci e frastuoni, i draghi si mostrano più tenaci del previsto e non ne vogliono sapere di piegarsi al valore del nostro eroe. La lotta è senza esclusioni di colpi. Ser Mattia sguaina la spada (quella usata l’anno scorso per lo spettacolo di carnevale) e, a cavalcioni delle orribili bestie, tenta di domarle per renderle mansuete come cuccioli. Ogni sforzo sembra vano e la tenzone ormai persa, quando Mattia si accorge  che, a distrarre le belve dai loro malvagi scopi, sarebbe bastato l'allettante richiamo delle ceste colme, portate dai genitori preoccupati che non ci fosse stato cibo sufficiente per tutti. E' cosi che, tutti insieme, bambini e draghi (e genitori) si siedono sul prato a mangiare. Il cavaliere coraggioso ha una nuova avventura da  raccontare. La principessa Marta può riprendere il suo regno e tornare a sorridere.

lunedì 9 settembre 2013

Un'intervista impossibile

Una prestigiosa Università americana ha condotto uno studio sulle dinamiche familiari ed, in particolare, sulla figura paterna. L'obiettivo della ricerca e' stato quello di provare ad "modellizzare" i papà del XXI secolo. I ricercatori hanno messo a punto un questionario/intervista che hanno somministrato, nei 5 continenti, ad un milione di bambini da 0 a 12 mesi, raccogliendo il punto di vista di chi subisce e patisce quotidianamente i tentativi maldestri dei papà dei nostri giorni nella loro azione educativa. Evidentemente, trattandosi di un target "senza parola", si è trattato di un metodo d'indagine sperimentale, basato sulla registrazione delle espressioni e delle smorfie dei neonati e su una loro interpretazione basata su rigorosi parametri scientifici.
Di seguito, si riporta un estratto dell'intervista alla nostra Agnese.

Ricercatore (R): Buongiorno Agnese. All'inizio della nostra intervista, ti chiediamo di esprimere il grado di soddisfazione per la famiglia in cui ti sei trovata a nascere.
Agnese (A):

R: Poiché cogliamo nella tua espressione una certa perplessità, puoi illustrarci in dettaglio i motivi di insoddisfazione?
A:

R: Abbiamo capito che preferisci non rispondere.

R: Ci puoi indicare chi consideri più affidabile in famiglia?
A:

R: Ah, ho capito! E se parlassimo di tuo padre?
A:

R: No no, ti prego non arrabbiarti. Ti prometto che ti farò poche e semplici domande per valutare la sua capacità educativa.

R:
Autorevolezza nel rapporto?
A:

R: Autonomia nella tua cura (ad esempio, cambio pannolini, preparazione pappa, bagnetto, ecc.)?
A:

R: Resteresti sola a casa con il tuo papà per più di un pomeriggio?
A:

R: Va bene, ho capito. E' inutile continuare. Non mi sembra che tu abbia grande stima del tuo papà.

R: Ok, allora ti lasciamo pensare a qualche secondo e poi dicci liberamente cosa pensi del tuo papà.
A:

R: Ehi, ho detto qualche secondo. Non prendere tempo...Allora?
A:

R: Va bene! Non vogliamo metterti in difficoltà! Basta così. L'intervista finisce qui. Ciao.
A:

P.S. Pubblichiamo, infine, il commento di Agnese circa gli esiti e i risultati dello studio:



giovedì 5 settembre 2013

Bilancio dell'estate

Fine delle vacanze. Nel bilancio dell’estate ci sono tante cose. La notte prima della partenza, trascorsa a preparare i bagagli (come sempre!). Le valige stracolme delle bimbe e il sacco a mano per i miei vestiti. L’auto carica e completamente occupata da sediolini di varia taglia. I tanti spostamenti tra una località all’altra per andare a trovare i nonni. I braccioli di Marta da gonfiare, ogni mattina prima di andare al mare. I risvegli notturni di Agnese che assomigliano a quelli del resto dell’anno ma con il disagio del caldo afoso. I castelli di sabbia iniziati controvoglia per poi ritrovarsi a scavare fossati e a modellare merli sulle torri mentre Marta era già alle prese con un nuovo gioco. I primi tentativi di Agnese di muoversi a carponi e le prime cadute. Le ore trascorse, insieme ad altri papà nel parco, a spingere Marta su altalene traballanti, a proteggerla da rovinose cadute alla fine dello scivolo, a incoraggiare avventurosi attraversamenti di ponti tibetani fatti a misura di piccoli Indiana Jones. I braccioli di Marta persi in mare e ricomprati tre volte. Lo sguardo preoccupato e, subito dopo, il sorriso di Agnese al suo primo bagnetto in mare. Le brutte foto scattate con l’iPhone e pubblicate su Facebook. Le belle foto scattate con la reflex che resteranno nella memoria della macchina fino alla prossima estate. Le mani di Marta impiasticciate di gelato alla nocciola, sciolto al sole. L’odore della crema solare spalmata sulla pelle di Agnese. I braccioli di Marta da sgonfiare, al rientro dal mare. Le tante domande a cui non ho saputo dare una risposta e lo sguardo confuso di Marta. Le tante domande a cui ho provato a dare una risposta e lo sguardo confuso di Marta. Lo svezzamento di Agnese e le urla strazianti all'ora della pappa. I litigi con i cuginetti. I riposini non fatti con la promessa di andare presto a nanna. E poi la sera, le settanta "favole al telefono" di Rodari lette per accompagnarla nel sonno. Cosa ci sarà nel bilancio, alla fine del prossimo autunno?

lunedì 26 agosto 2013

Un mammo sotto l'ombrellone

Pochi decimi di febbre di Agnese e primi segnali di “stress da spiaggia” di M. che, con la scusa della piccola, coglie al volo l’occasione di restare a casa. Giornata al mare da soli, io e Marta. Sotto l’ombrellone accanto, un altro papà con sua figlia. Sembrava tutto perfetto. Dopo i primi momenti di studio, le due bimbe avrebbero fatto amicizia e avrebbero giocato tra loro sulla riva, a pochi metri di distanza dal nostro sguardo vigile. Noi papà, per niente interessati a fare delle chiacchiere, avremmo potuto goderci qualche ora di (quasi) completa solitudine immersi nelle nostre letture o completamente immobili al sole, senza far nulla. Dopo i primi convenevoli di rito e le solite banalità sulle città di provenienza e i rispettivi impegni lavorativi, pensavo di aver espletato la "pratica conversazione”. Quanto mi stavo sbagliando! Avevo appena iniziato a leggere il quotidiano acquistato pregustandone la lettura dalla prima all'ultima pagina, quando il mio vicino attaccò: "Io uso per mia figlia una protezione solare cinquanta, come consigliato dal pediatra. Ne ho provato di vari tipi ma questa è davvero molto efficace. La bimba ha acquisito un'abbronzatura dorata senza problemi per la pelle". Fece una pausa per darmi il tempo di realizzare che, più che una considerazione, si trattava di un rimprovero e aggiunse: "E tu?". Avevo colpevolmente dimenticato di spalmare la crema solare su Marta e c'era chi, in assenza della mamma, era pronto a farmelo  notare. A recuperare credito come papà diligente, non fu sufficiente l'impegno con cui, nel corso della mattina, convinsi Marta a mettere il cappello per difendersi dal sole e mi premurai di farla bere all'occorrenza. Appena possibile venivo richiamato all'ordine: "Non pensi che sia meglio spostarla all'ombra mentre dorme", mi disse guardandomi con sempre maggiore disappunto. Ormai in affanno e con l'ansia da prestazione alle stelle, nel pomeriggio, provai a sottrarmi al controllo dell'inquisitore proponendo a Marta di andare a fare un bagno. "Mi raccomando. C'è vento. Porta con te l'asciugamano". Tipo tenace, il mio vicino. Senza pietà. Stava sparando sulla croce rossa e sembrava provasse una gran soddisfazione. A me non restava che accogliere il suggerimento e, ancora una volta, accettare la dura realtà di non essere sufficientemente premuroso ed attento. Ero in acqua e continuavo a rimurginare sulle tante mortificazioni subite nel corso della giornata. E' nei momenti difficili che un angelo ti tende la mano. Marta, in acqua, si avvicinò e, nonostante tutto, mi "confermò la fiducia" sussurrandomi: "E' stata davvero una bella giornata. Tu sei il mio papà preferito".

domenica 18 agosto 2013

In quattro sul lettone

In vacanza dai nonni. Prima dell'arrivo, lavori di riorganizzazione degli spazi di casa per ospitare al meglio i nipotini (e i loro genitori?). Risultato finale: in quattro sul lettone! Avete un'idea di quello che significa dormire per due settimane di fila come se si fosse sulla pista di un circo? “Venghino, venghino signore e signori”, dice il presentatore. “Sorprese, improvvisazioni e colpi di scena. Ecco a voi le attrazioni mozzafiato e gli artisti più audaci del mondo”, aggiunge per introdurre le stelle dello spettacolo. Come sotto ad un tendone, passano in rassegna acrobati, equilibristi e animali feroci. Dando prova di doti da trapezista, Agnese sobbalza e scalcia (in particolare sulla mia schiena) tutta la notte per ritrovarsi alla fine del suo numero distesa orizzontalmente sul materasso. Marta, come una funambola, sembra volteggiare su una corda tesa tra la spalliera e i piedi del letto. Nemmeno il più esperto dei domatori riuscirebbe a rendere mansuete le belve. A me non resta che improvvisarmi provetto contorsionista per restare aggrappato alle sponde di quello che avrebbe dovuto essere un talamo nuziale. Sarebbe stato meglio esibirmi come fachiro su un letto di chiodi. Lo spettacolo arriva al suo culmine quando M. sussurra: “Tesoro, tesoro, stai dormendo?”. Accendo la lampada per illuminare la scena. Mi sollevo dal letto con movenze da mimo. Metto sotto braccio il cuscino e lascio la compagnia, sperando nella replica del giorno successivo.

mercoledì 14 agosto 2013

La prossima vacanza...

“Papi, ho deciso dove voglio andare il prossimo anno in vacanza!”. Siamo solo a metà delle ferie e Marta, come suo solito, pensa alla prossima cosa da fare. “E dove?”, stancamente le chiedo, aspettandomi qualche località più o meno nota. “Voglio andare nell’universo”, risponde. E’ già da un po’ che mi incalza con quesiti su stelle cadenti (una passione iniziata con il personaggio di uno dei suoi cartoni preferiti, La stella di Laura), sul sole e la luna (e del loro salutarsi ad ogni alba e tramonto, al cambio della guardia) e sulla rotazione della terra intorno al suo asse (tutta colpa di una recente lettura di un libro per bambini sul tema, regalo del nonno appassionato di quark, focus e trasmissioni simili). “E’ come ci arrivi?”. “Chiamo una stella, come fai tu quando telefoni al taxi. E le chiedo di portarmi nello spazio”. Il botta e risposta da il via ad una gara di immaginazione. Alloggiare in un albergo costruito su uno dei pianeti della galassia, scelto in internet prima di partire. Fare colazione in una dei tanti bar della Via Lattea. Spostarsi da un punto all’altro, salendo sul primo satellite di passaggio. Poi, come in ogni volo di fantasia, c’è sempre il momento di tornare con i piedi sulla terra e, sul più bello, il gioco si interrompe. “Papi, secondo te, cosa si fa in vacanza nell’universo?”. “Marta ma è come al mare da noi: un tuffo tra i buchi neri, una doccia di asteroidi e, infine, sdraiati a cavalcioni sulla luna per prendere la tintarella”. Marta, per nulla convinta della risposta, mi incalza: “Dai papi, non scherzare. Sul libro che mi ha regalato il nonno, ho letto che gli astronauti per muoversi nell’universo devono indossare una tuta e un casco. Quindi, papi, come facciamo a metterci il costume?”.

sabato 10 agosto 2013

Le mosse del bebè

Ma hai capito cosa vuole? Ha fame o ha sonno? Secondo te, ha mal di pancino, ha le colichette? Non è il caso di chiamare il pediatra? Spesso possono trascorrere anche svariati minuti in uno stato di totale panico, tra l'angoscia che qualcosa di grave stia accadendo e la frustrazione di non riuscire a trovare spiegazioni al dimenarsi dell'infante. Quando nessuno dei due genitori sembra avere risposte, presi dalla disperazione, si finisce per rivolgersi persino al neonato con tono intimidatorio: "Insomma cosa c'è che non va?". E come se sperassimo in un miracolo e che, improvvisamente, il nostro interlocutore trasformi gemiti e pianto in frasi compiute, diventando, così, capace di esporre con rigore scientifico il proprio stato di benessere psico-fisico. Del tipo: "Cara mamma e carissimo papà non ho ritenuto opportuno allarmarvi prima di prendere consapevolezza della mia impellente esigenza. Ora che sono al limite e che ho la certezza della vostra inadeguatezza, mi sento nel diritto/dovere di informarvi con ferma e decisa presa di posizione che è giunto il momento di provvedere al mio quotidiano nutrimento". Pensando a questi momenti, ho deciso – al secondo giro - di provare ad elencare e a decifrare le principali “mosse del bebè”, non dico per anticiparle ma almeno per provare a ridurre l’ansia da prestazione.
Il momento della nanna - Dire tarantolato e' poco. Con il braccio strofina violentemente gli occhi che si fanno sempre più piccoli. Un breve gemito tra le braccia che lo cullano – preferibilmente quelle della mamma - e Morfeo prende il sopravvento. Sappiate che durerà poco!
La pausa e l’attesa - Labbra serrate. Vibrazioni frequenti e prolungate. Una pernacchietta indica una pausa tra la mossa precedente e la successiva. E’ un tempo in cui il pensiero prepara la prossima azione. Occorre essere attenti e vigili!
La gratificazione per un bisogno soddisfatto - Come un battito d’ali, allarga le braccia e le muove velocemente su e giù, accompagnandole con un sorriso. Vi guarda direttamente negli occhi e il suo sguardo sembra dirvi: “Finalmente ci sei arrivato. E da un po’ che cerco di farti capire che è ora di cambiarmi il pannolino!”
Il momento della pappa - Quando arriva questo momento non ci sono dubbi. Il bebè non sente ragioni e non è interessato a nessuno dei giochi con cui cercate di distrarlo in attesa che qualcun'altro si metta all’opera con brodini, creme e omogeneizzati. Consiglio: non pensate di poter prevedere l’ora della pappa. Sarà sempre troppo tardi per farvi trovare pronti!
La rivendicazione di attenzione - Se lasciato seduto da solo sul tappetone dei giochi più a lungo del tempo necessario per fare una pipì, il bebè denuncia prontamente l'assenza di attenzione e di compagnia. Solitamente la rivendicazione parte con un movimento scomposto di gambe e braccia con cui sembra, rispettivamente, scalciare come un mulo e voler cominciare un incontro di pugilato. Indovinate con chi ce l’ha?
Il lancio del ciuccio - E’ la classica mossa a sorpresa che vanificherà tutti i vostri sforzi di evitare che il ciuccio cada ogni due minuti in terra. Con un braccio lo tenete sollevato all’altezza delle spalle e con l’atro cercate di anticipare il lancio del ciuccio, afferrandolo al volo. Ma guai a distrarsi. Quando il gioco sembra essersi addormentato, una finta di testa e un colpo di reni vi coglierà di sorpresa e il bebè vi colpirà di contropiede. Ad una certa età, andranno considerati gli effetti collaterali sul vostro mal di schiena.
Queste sono solo alcune delle frecce che un bebè ha al proprio arco. Voi ne conoscete altre?

giovedì 8 agosto 2013

Ci vorrebbe un amichetta...

Dopo solo la prima giornata di mare, M. mi si rivolge con aria minacciosa: "Hai individuato una potenziale amichetta per tua figlia Marta?". In epoca di startup, chi sa se qualcuno ha pensato di realizzare un’app per mettere in "rete" i bambini in vacanza. Un social per la "ricerca" di amichette sulle spiagge e nei luoghi di villeggiatura. Potenziali utenti non i bambini ma i genitori bisognosi di tanto, tanto riposo. Non che si voglia stare sdraiati sotto l'ombrellone a leggere un libro (basterebbe riuscire a farlo anche con una rivista o un semplice quotidiano) ma che, almeno, non si sia costretti, con una mano, a costruire un castello di sabbia per la primogenita e, contemporaneamente con l’altra, a fare il bagnetto nel canottino alla seconda. Già molto sarebbe potersi dare il cambio: uno con la grande a giocare tra le onde, l'altro a dar la pappa alla piccola sotto l’ombrellone. Insomma, quasi sempre, la giornata al mare (con sveglia all’alba nel caso di neonata) si trasforma in un susseguirsi di incombenze, tra cui districarsi secondo precisi ruoli e responsabilità e rispettando una stringente tempistica. Vita da caserma si sarebbe detto in tempi di leva obbligatoria. O, più semplicemente, vita da papà e mamma, si può dire in tempo di vacanza. Immagino migliaia e migliaia di genitori che, dopo essersi registrati al più popolare dei social, la sera prima della partenza, geo-localizzano il luogo prescelto e inseriscono descrizione dei propri figli allo scopo di trovare in rete potenziali followers con cui farli giocare a racchettoni in spiaggia o farli girare in bici nei suggestivi paesini di montagna. Numerose altre potrebbero essere le utilità di tale social: individuare da subito i più antipatici della meta turistica prescelta (non parlo dei bambini ma dei loro genitori), i luoghi attrezzati dove portarli a giocare in totale autonomia e gli orari dei principali eventi organizzati localmente per i bambini. A voi sembra che si chieda molto? Che dopo un anno di lavoro, non sia concesso a tutti di godersi le meritate ferie in totale relax? Ad essere sincero a me sembra che questo social network dei sogni, per quanto possa essere funzionale allo scopo, finisca, però, per non tener conto della dura realtà a cui non possiamo sottrarci. A noi papà, poi in fondo, piace stare con i nostri figli e senza tutte le incombenze da compiere finiremo per annoiarci sotto l’ombrellone o stesi su un prato, alle prese con le tristi notizie dei giornali e privati della più grande delle aspettative di godimento nella pausa estiva, le coccole dei nostri cuccioli. Comunque la pensiate, adesso devo proprio andare. Marta mi chiama: “Dai papi, spegni il computer e vieni a giocare con me sulla riva”

lunedì 5 agosto 2013

Sciopero della fame...

Svezzata da qualche settimana, Agnese ha abituato il pubblico presente (nonne e zie) che assiste (spesso e gratuitamente) alle sue pappe a prestazioni di alto livello. Nulla e' lasciato nella scodella e gli astanti esaltano il campione con cori e tifo da stadio. Da alcuni giorni, Agnese, però, mostra segni di inappetenza. E' scattato l'allarme! Per giustificare lo scarso rendimento, numerose sono le motivazioni avanzate. "Lo stato di forma e'  sicuramente condizionato dalle alte temperature della stagione", dice la nonna. "E' sicuramente qualche virus preso in ritiro (riferendosi allo stato di eccezionalità che si vive in vacanza)", afferma con aria decisa e competente la zia, moglie di un informatore scientifico. Con aria dimessa, il nonno prova a sostenere una causa diversa: "Potrebbe trattarsi di...". Come accade sempre, le donne di famiglia, pero', gli levano la parola e gli impediscono di esprimere la "solita" motivazione dettata dal buon senso. C'è chi arriva, persino, a mettere in discussione l'allenatore/mamma: "Non ha più l'autorità dei primi tempi.  Le sta sfuggendo la situazione di mano". Io ho una mia personale teoria: Agnese comincia a far valere il proprio carattere. Come tutti i giovani campioni, quando l'allenamento si fa serio, si mostrano riluttanti alle regole di squadra. E' di questi giorni la decisione del mister (la mamma) e del suo vice (il papà) di darci sotto con la disciplina, ad esempio: niente cambio di campo di notte (passaggio dalla culla al lettone) ed esercizi sul tappetone (e non tra le braccia di chiunque passi). A queste imposizioni, Agnese sta rispondendo con un clamoroso sciopero della fame. Ma crede forse di poter cambiare casacca?

sabato 3 agosto 2013

Luna Park

“Papi, cosa facciamo oggi?”. Nel limbo delle pre-vacanze (tra la fine della scuola e la partenza per la destinazione turistica scelta) ci si ingegna per trovare un intrattenimento per i lunghi e afosi pomeriggi di Marta. Ai margini delle nostre città, c'è sempre qualche vuoto urbano riempito da obsolete attrazioni con l'ambizione di parco giochi. Slarghi improvvisati tra baracche e palazzoni di periferia trasformati dalla fantasia dei bambini in luoghi dove vivere straordinarie avventure tra castelli incantati e viaggi spaziali. Arrivare è stato come partecipare ad una caccia al tesoro. Nessuna indicazione stradale ma solo navigazione a vista. All'ingresso, segnalato da un portale variopinto su cui lampeggiava una traballante scritta al neon di benvenuto, ci è stato indicato come parcheggio il giardino di una casa privata. Scesi dall'auto, abbiamo avuto conferma del sospetto di essere i soli e unici clienti. Una grande opportunità di poter godere, senza dover fare alcuna fila, di tutte le migliori attrazioni del luogo. Giostre dove al posto dei più romantici cavalli di legno ci sono le sagome in resina (ormai consunte dal tempo) dei primissimi personaggi disney. Trenini più lunghi dei circuiti ferrati su cui i passeggeri possono girare stancamente, seguiti dallo sguardo fisso dalle statuine dei sette nani sopravvissuti alle intemperie e nascosti dall’erba incolta. Vaschette colme di acqua stagnante da centrare con palline di plastica per avere in premio pesciolini rossi agonizzanti. Tutto ciò, raccontato così, sembrerebbe descrivere un pomeriggio trascorso all’insegna del “tanto prima o poi dovrà passare”. Sembrerà strano ma questo luogo surreale, invece, ha regalato a me e Marta uno dei più bei momenti mai trascorsi in compagnia l’uno dell’altro. Un tempo durante il quale – forse per la prima volta nei primi mesi dalla nascita di Agnese – ci siamo ri-trovati da soli a ri-scoprire una complicità che appare sempre più forte e salda. “Papi torniamo qui anche domani?”

martedì 30 luglio 2013

Gelosia (di papà)

Fece cenno con la mano come se volesse salutare proprio me. Le sue labbra si schiusero in un ampio sorriso e il suo volto assunse una smorfia dolcissima. Sembrò volesse farmi festa dondolandosi con la testa. Mi avvicinai ma lei abbassò lo sguardo e, poi, lo volse più in là. Cercava la mamma.
E' stato così che, dopo i primissimi mesi, anche con Agnese, è iniziata la fase più frustrante per un papà volenteroso. Una lunga attraversata in solitaria tra pappe, pannolini e bagnetti senza nessun riconoscimento e la pur minima gratificazione.
Qualunque sforzo, sarà destinato a risultare come del tutto ordinario al confronto con le prestazioni eccezionali della mamma, unico oggetto del desiderio.
A nulla varranno i tentativi, anche grotteschi, per convincerla ad aprire la bocca ed assaggiare il gustoso manicaretto preparato con sopraffina tecnica culinaria dal papà. Solo l’intervento sdolcinato della mamma riuscirà a trasformare il momento della pappa da un incubo in una festa con due soli invitati.
Dopo averla liberata del pannolino sporco, riuscendo a sopravvivere alle terribili esalazioni del suo contenuto, sarà alla sua mamma che si rivolgerà piena di gratitudine per averla cambiata.
Finché si tratterà di riempire la vaschetta per il bagnetto (dosando acqua calda e fredda anche a costo di gravi ustioni) l’impegno sarà accolto con moderata soddisfazione. Vuoi mettere, però, il divertimento di sguazzare nell'acqua in compagnia della presenza femminile preferita?
E potrei continuare con molti altri esempi. Mi fermo qui per non dare l’idea di essere geloso del rapporto esclusivo e dell’intimità che (senza nessuna apparente ragione) si crea tra mamma e figlia, almeno nei primi anni di vita.
Conosco bene questa esperienza: sentirsi ospite indesiderato o, al massimo, utile portatore d’acqua al seguito di una allegra carovana in viaggio verso una destinazione nota solo al capo-spedizione e al suo vice.
Con Marta è già successo e non posso certo dire di essermi divertito. Unica consolazione è di aver sperimentato che pazienza, tenacia e resistenza saranno foriere di un tempo migliore. Prima o poi…

venerdì 26 luglio 2013

Al varco di uscita...

Al varco, la guardia destinata al controllo delle uscite, intimò alla fila di avanzare. “Avanti il prossimo”, disse rivolgendosi con tono perentorio alla bambina che aveva atteso il suo turno giocando a riflettere la sua immagine in uno specchio. Era da tempo immemore che le era stata promessa la “nascita” ed ora, finalmente, aveva un aspetto tutto nuovo con cui prendere confidenza.
“Sei pronta?”, aggiunse. Non le dette il tempo di rispondere e la incalzò: “Hai preso tutto?”. Agnese cercò di ripassare a mente gli ultimi minuti prima della chiamata che – come è noto a tutti gli angioletti – avviene senza preavviso e li costringe a partire in tutta fretta per la loro nuova destinazione.
Aveva sicuramente svuotato l’armadietto che sovrastava la sua nuvoletta ma non ricordava se avesse preso il cappuccio per le ali che le era stato assegnato per il trasferimento sulla terra, obbligatorio per nascondere agli adulti la vera natura di ogni bambino. Frugò velocemente nello zainetto che le era stato donato dagli altri angeli come segno della loro eterna amicizia e di auguri per la nuova avventura e si rassicurò. Come avrebbe potuto non prenderlo. Indossarlo non appena giunti a destinazione, era la prima regola del “manuale delle istruzioni per una buona nascita”. “Per tutti i cieli!” esclamò a voce bassa per non allarmare la guardia. “Il manuale! Come ho fatto a dimenticarlo? E’ da tanto che lo consulto per prepararmi a questo momento. E ora?”. Non avrebbe voluto dare soddisfazione al suo inquisitore ma non poté nascondergli la dimenticanza.
A nulla valsero la richiesta di comprensione prima e la vivace rimostranza poi. Quel cerbero di un angelo messo lì come ultimo ostacolo tra l’attesa angelica e la vita terrena non volle sentire ragione. “Non sei autorizzata a tornare indietro a recuperare il tomo. Prenderai il tuo posto tra gli esseri umani ma come contrappasso per la negligenza dovrai contare solo sulla tua memoria. Mi auguro che, in tutto questo tempo, abbia studiato con profitto e conosca a menadito le 55 regole del nostro manuale”.
Agnese tirò un sospiro di sollievo per non aver perso l’occasione di partire e, sicura della sua memoria, si apprestò a superare la sbarra oltre la quale sarebbe scivolata in un profondo burrone.
“Regola due…”, cominciò la guardia. “Ogni angelo che scende sulla terra porta in dote un rinnovato futuro per l’umanità”, completò la bimba a cui, però, non risultava chiaro cosa esattamente dovesse fare per adempiere a tale prescrizione. Una cosa è la teoria e un’altra è, poi, la pratica. “Me ne occuperò non appena avrò conosciuto la mia nuova famiglia”, pensò tra se.
E gli venne in mente la regola numero 3 che recitava: “Tutti i bambini appena nati devono presentarsi al proprio papà per avviare una relazione stabile e duratura”. “Un papà?. Ma cosa è un papà?” si chiese. Nel manuale, quel termine era più volte citato ma non c’era una descrizione di cosa fosse e a cosa servisse. Da alcune indiscrezioni riportate da bambini già nati, neanche i primi mesi di vita l'avrebbero aiutata a farsene un’idea più chiara. I papà non avevano un ruolo nella loro alimentazione e accorrendo, di notte, a consolare il pianto dei neonati finivano, maldestramente, per irritarli di più. Nel suo cuore, Agnese, però, sentiva che il suo papà sarebbe stato diverso e che avrebbero presto imparato a conoscersi e ad affidarsi l’uno all’altro.
Pensando alla famiglia che l’avrebbe accolta, inoltre, Agnese non poteva trattenersi dall’emozione per l’incontro con la sorellina, quella bimba che, ormai da più di quattro anni, la reclamava ed inviava in cielo le sue preghiere. “Nel caso di fratelli o sorelle maggiori, è obbligatorio riconoscerne l’autorità ma è facoltà del nascituro rivendicare regole d’ingaggio precise in caso di disputa”. Agnese ripassò a mente la regola numero 4 ma senza capirne il significato. “Ma che importa?”, si disse. Cominciava a pensare che di quel manuale avrebbe potuto farne tranquillamente a meno.
Era arrivato il momento. Mise nello zaino le ultime cose: un soffio di vento per avere sempre la spinta ad andare avanti nei momenti difficili, l’azzurro intenso del cielo con cui colorare d’ottimismo la sua vita futura e un raggio di sole per scaldare il cuore di quanti avrebbe incontrato nel suo cammino.
Come era avvenuto per molti altri angioletti che l’avevano preceduta, una volta lanciatasi nel vuoto senza più l’uso delle ali, scoprì l’ebbrezza della caduta libera e cominciò a rotolarsi saltando da una parete all’altra del burrone, fino a quando arrivò giù e si ritrovò tra le braccia della donna che l’aveva partorita. Nel rispetto del successivo punto del manuale, avrebbe dovuto sorridere a tutti quelli che avrebbe trovato al suo arrivo sulla terra ma lo sguardo della mamma fu così dolce che si perse in esso, al punto da dimenticare tutte le altre 50 regole.


giovedì 25 luglio 2013

Come dentro un film

Pochi mesi sono passati e mi ritrovo a ripensare a quanto è successo dalla nascita di Agnese e a rivivere emozioni e sentimenti. Come se stessi assistendo alla proiezione di un film, mi scorrono davanti le scene della nostra nuova vita. Dopo qualche mese di inevitabile rodaggio, avendone ritrovato il tempo provo a raccontare l’inizio della storia come si fa per qualunque serial che sta per ricominciare.
Ricordando il titolo di un famoso film della fine degli anni ottanta, qualche mese fa, ho dovuto, novello regista, dirigere una delle scene più difficili del film della mia vita: “Marta ti presento Agnese”. Se al centro di quel film era il quesito sulla possibilità di amicizia tra un uomo e una donna, la sceneggiatura a mia disposizione si dipanava tutta lungo la trama dell’incontro di Marta con la sorella arrivata a turbare equilibri consolidati e a compromettere rapporti affettivi esclusivi. Una presentazione inevitabile e non rinviabile.
In ospedale, brevi e rapidi incontri di cortesia tra le due sorelle. Solo un provino. Tornati a casa con la neonata, abbiamo dovuto affrontare ciò che di più temuto era stato nelle nostre previsioni per l’incertezza con cui avrebbe reagito Marta. Il primo vero incontro, non in territorio neutro ma nel regno, fino a quel momento, incontrastato della primogenita. Continuando le citazioni cinefile, Marta avrebbe meritato un premio oscar se questo non fosse già stato dato a Gary Cooper per un’interpretazione simile nel film “Mezzogiorno di fuoco”. Un ipotetico spettatore avrebbe potuto apprezzare le inquadrature dall’alto per stigmatizzare l’attesa e i continui primi piani sul protagonista che mostra continuamente il suo turbamento e le sue paure. Gli addobbi all’ingresso, l’acquisto di un regalo di benvenuto e ogni precauzione presa perché Marta potesse dimostrarsi degno ospite fu resa, immediatamente, inutile quando l’invasore entrò in casa. La scena finale, più che il duello con il cattivo/neonato (le cui battute, come del film, evidentemente non potevano che essere poche), ricorda quella dello sceriffo che getta la stella per simboleggiare la delusione per l’ipocrisia di quanti (parenti e nonni) l’avevano, a suo sentire, abbandonata ed erano pronti a festeggiare per l’intrusa.
Non tanto una posizione contro il nemico che veniva da fuori ma la condanna per chi aveva finto, nei suoi primi anni di vita, di considerarla unica e insostituibile.
Ciò che accadde fu inatteso. Marta si limitò a poche frasi di circostanza e convenevoli di rito come se tutto dovesse, di li a poco, ritornare come prima. La serenità con cui reagì ci spiazzò. Avevamo dato per certo la necessità di fronteggiare una scenata di gelosia e, invece, ci trovammo di fronte alla nascita di un sodalizio che le avrebbe viste, per tutta la loro vita, insieme a fronteggiare i nostri maldestri tentativi di fare i genitori.

mercoledì 24 luglio 2013

unpapàtraduefiglie

Dove eravamo? Marta con la sua mamma e il suo papa era in attesa della sorellina. Dove siamo? Un papa alle prese con le sue due figlie. Dopo aver raccontato l'attesa (in tre) della secondogenita, il blog prosegue con le storie più o meno ordinarie di un papà tra due figlie. Un'avventura mozzafiato. Una quotidianità ad ostacoli. Un tempo della vita eroico durante il quale non è concesso nessun cedimento. Unica via di uscita: passione e fantasia!