martedì 30 luglio 2013

Gelosia (di papà)

Fece cenno con la mano come se volesse salutare proprio me. Le sue labbra si schiusero in un ampio sorriso e il suo volto assunse una smorfia dolcissima. Sembrò volesse farmi festa dondolandosi con la testa. Mi avvicinai ma lei abbassò lo sguardo e, poi, lo volse più in là. Cercava la mamma.
E' stato così che, dopo i primissimi mesi, anche con Agnese, è iniziata la fase più frustrante per un papà volenteroso. Una lunga attraversata in solitaria tra pappe, pannolini e bagnetti senza nessun riconoscimento e la pur minima gratificazione.
Qualunque sforzo, sarà destinato a risultare come del tutto ordinario al confronto con le prestazioni eccezionali della mamma, unico oggetto del desiderio.
A nulla varranno i tentativi, anche grotteschi, per convincerla ad aprire la bocca ed assaggiare il gustoso manicaretto preparato con sopraffina tecnica culinaria dal papà. Solo l’intervento sdolcinato della mamma riuscirà a trasformare il momento della pappa da un incubo in una festa con due soli invitati.
Dopo averla liberata del pannolino sporco, riuscendo a sopravvivere alle terribili esalazioni del suo contenuto, sarà alla sua mamma che si rivolgerà piena di gratitudine per averla cambiata.
Finché si tratterà di riempire la vaschetta per il bagnetto (dosando acqua calda e fredda anche a costo di gravi ustioni) l’impegno sarà accolto con moderata soddisfazione. Vuoi mettere, però, il divertimento di sguazzare nell'acqua in compagnia della presenza femminile preferita?
E potrei continuare con molti altri esempi. Mi fermo qui per non dare l’idea di essere geloso del rapporto esclusivo e dell’intimità che (senza nessuna apparente ragione) si crea tra mamma e figlia, almeno nei primi anni di vita.
Conosco bene questa esperienza: sentirsi ospite indesiderato o, al massimo, utile portatore d’acqua al seguito di una allegra carovana in viaggio verso una destinazione nota solo al capo-spedizione e al suo vice.
Con Marta è già successo e non posso certo dire di essermi divertito. Unica consolazione è di aver sperimentato che pazienza, tenacia e resistenza saranno foriere di un tempo migliore. Prima o poi…

venerdì 26 luglio 2013

Al varco di uscita...

Al varco, la guardia destinata al controllo delle uscite, intimò alla fila di avanzare. “Avanti il prossimo”, disse rivolgendosi con tono perentorio alla bambina che aveva atteso il suo turno giocando a riflettere la sua immagine in uno specchio. Era da tempo immemore che le era stata promessa la “nascita” ed ora, finalmente, aveva un aspetto tutto nuovo con cui prendere confidenza.
“Sei pronta?”, aggiunse. Non le dette il tempo di rispondere e la incalzò: “Hai preso tutto?”. Agnese cercò di ripassare a mente gli ultimi minuti prima della chiamata che – come è noto a tutti gli angioletti – avviene senza preavviso e li costringe a partire in tutta fretta per la loro nuova destinazione.
Aveva sicuramente svuotato l’armadietto che sovrastava la sua nuvoletta ma non ricordava se avesse preso il cappuccio per le ali che le era stato assegnato per il trasferimento sulla terra, obbligatorio per nascondere agli adulti la vera natura di ogni bambino. Frugò velocemente nello zainetto che le era stato donato dagli altri angeli come segno della loro eterna amicizia e di auguri per la nuova avventura e si rassicurò. Come avrebbe potuto non prenderlo. Indossarlo non appena giunti a destinazione, era la prima regola del “manuale delle istruzioni per una buona nascita”. “Per tutti i cieli!” esclamò a voce bassa per non allarmare la guardia. “Il manuale! Come ho fatto a dimenticarlo? E’ da tanto che lo consulto per prepararmi a questo momento. E ora?”. Non avrebbe voluto dare soddisfazione al suo inquisitore ma non poté nascondergli la dimenticanza.
A nulla valsero la richiesta di comprensione prima e la vivace rimostranza poi. Quel cerbero di un angelo messo lì come ultimo ostacolo tra l’attesa angelica e la vita terrena non volle sentire ragione. “Non sei autorizzata a tornare indietro a recuperare il tomo. Prenderai il tuo posto tra gli esseri umani ma come contrappasso per la negligenza dovrai contare solo sulla tua memoria. Mi auguro che, in tutto questo tempo, abbia studiato con profitto e conosca a menadito le 55 regole del nostro manuale”.
Agnese tirò un sospiro di sollievo per non aver perso l’occasione di partire e, sicura della sua memoria, si apprestò a superare la sbarra oltre la quale sarebbe scivolata in un profondo burrone.
“Regola due…”, cominciò la guardia. “Ogni angelo che scende sulla terra porta in dote un rinnovato futuro per l’umanità”, completò la bimba a cui, però, non risultava chiaro cosa esattamente dovesse fare per adempiere a tale prescrizione. Una cosa è la teoria e un’altra è, poi, la pratica. “Me ne occuperò non appena avrò conosciuto la mia nuova famiglia”, pensò tra se.
E gli venne in mente la regola numero 3 che recitava: “Tutti i bambini appena nati devono presentarsi al proprio papà per avviare una relazione stabile e duratura”. “Un papà?. Ma cosa è un papà?” si chiese. Nel manuale, quel termine era più volte citato ma non c’era una descrizione di cosa fosse e a cosa servisse. Da alcune indiscrezioni riportate da bambini già nati, neanche i primi mesi di vita l'avrebbero aiutata a farsene un’idea più chiara. I papà non avevano un ruolo nella loro alimentazione e accorrendo, di notte, a consolare il pianto dei neonati finivano, maldestramente, per irritarli di più. Nel suo cuore, Agnese, però, sentiva che il suo papà sarebbe stato diverso e che avrebbero presto imparato a conoscersi e ad affidarsi l’uno all’altro.
Pensando alla famiglia che l’avrebbe accolta, inoltre, Agnese non poteva trattenersi dall’emozione per l’incontro con la sorellina, quella bimba che, ormai da più di quattro anni, la reclamava ed inviava in cielo le sue preghiere. “Nel caso di fratelli o sorelle maggiori, è obbligatorio riconoscerne l’autorità ma è facoltà del nascituro rivendicare regole d’ingaggio precise in caso di disputa”. Agnese ripassò a mente la regola numero 4 ma senza capirne il significato. “Ma che importa?”, si disse. Cominciava a pensare che di quel manuale avrebbe potuto farne tranquillamente a meno.
Era arrivato il momento. Mise nello zaino le ultime cose: un soffio di vento per avere sempre la spinta ad andare avanti nei momenti difficili, l’azzurro intenso del cielo con cui colorare d’ottimismo la sua vita futura e un raggio di sole per scaldare il cuore di quanti avrebbe incontrato nel suo cammino.
Come era avvenuto per molti altri angioletti che l’avevano preceduta, una volta lanciatasi nel vuoto senza più l’uso delle ali, scoprì l’ebbrezza della caduta libera e cominciò a rotolarsi saltando da una parete all’altra del burrone, fino a quando arrivò giù e si ritrovò tra le braccia della donna che l’aveva partorita. Nel rispetto del successivo punto del manuale, avrebbe dovuto sorridere a tutti quelli che avrebbe trovato al suo arrivo sulla terra ma lo sguardo della mamma fu così dolce che si perse in esso, al punto da dimenticare tutte le altre 50 regole.


giovedì 25 luglio 2013

Come dentro un film

Pochi mesi sono passati e mi ritrovo a ripensare a quanto è successo dalla nascita di Agnese e a rivivere emozioni e sentimenti. Come se stessi assistendo alla proiezione di un film, mi scorrono davanti le scene della nostra nuova vita. Dopo qualche mese di inevitabile rodaggio, avendone ritrovato il tempo provo a raccontare l’inizio della storia come si fa per qualunque serial che sta per ricominciare.
Ricordando il titolo di un famoso film della fine degli anni ottanta, qualche mese fa, ho dovuto, novello regista, dirigere una delle scene più difficili del film della mia vita: “Marta ti presento Agnese”. Se al centro di quel film era il quesito sulla possibilità di amicizia tra un uomo e una donna, la sceneggiatura a mia disposizione si dipanava tutta lungo la trama dell’incontro di Marta con la sorella arrivata a turbare equilibri consolidati e a compromettere rapporti affettivi esclusivi. Una presentazione inevitabile e non rinviabile.
In ospedale, brevi e rapidi incontri di cortesia tra le due sorelle. Solo un provino. Tornati a casa con la neonata, abbiamo dovuto affrontare ciò che di più temuto era stato nelle nostre previsioni per l’incertezza con cui avrebbe reagito Marta. Il primo vero incontro, non in territorio neutro ma nel regno, fino a quel momento, incontrastato della primogenita. Continuando le citazioni cinefile, Marta avrebbe meritato un premio oscar se questo non fosse già stato dato a Gary Cooper per un’interpretazione simile nel film “Mezzogiorno di fuoco”. Un ipotetico spettatore avrebbe potuto apprezzare le inquadrature dall’alto per stigmatizzare l’attesa e i continui primi piani sul protagonista che mostra continuamente il suo turbamento e le sue paure. Gli addobbi all’ingresso, l’acquisto di un regalo di benvenuto e ogni precauzione presa perché Marta potesse dimostrarsi degno ospite fu resa, immediatamente, inutile quando l’invasore entrò in casa. La scena finale, più che il duello con il cattivo/neonato (le cui battute, come del film, evidentemente non potevano che essere poche), ricorda quella dello sceriffo che getta la stella per simboleggiare la delusione per l’ipocrisia di quanti (parenti e nonni) l’avevano, a suo sentire, abbandonata ed erano pronti a festeggiare per l’intrusa.
Non tanto una posizione contro il nemico che veniva da fuori ma la condanna per chi aveva finto, nei suoi primi anni di vita, di considerarla unica e insostituibile.
Ciò che accadde fu inatteso. Marta si limitò a poche frasi di circostanza e convenevoli di rito come se tutto dovesse, di li a poco, ritornare come prima. La serenità con cui reagì ci spiazzò. Avevamo dato per certo la necessità di fronteggiare una scenata di gelosia e, invece, ci trovammo di fronte alla nascita di un sodalizio che le avrebbe viste, per tutta la loro vita, insieme a fronteggiare i nostri maldestri tentativi di fare i genitori.

mercoledì 24 luglio 2013

unpapàtraduefiglie

Dove eravamo? Marta con la sua mamma e il suo papa era in attesa della sorellina. Dove siamo? Un papa alle prese con le sue due figlie. Dopo aver raccontato l'attesa (in tre) della secondogenita, il blog prosegue con le storie più o meno ordinarie di un papà tra due figlie. Un'avventura mozzafiato. Una quotidianità ad ostacoli. Un tempo della vita eroico durante il quale non è concesso nessun cedimento. Unica via di uscita: passione e fantasia!