giovedì 22 maggio 2014

Alla guida...

Salgo in auto. L'ultima volta, è stata usata da mia moglie. Devo allontanare il sedile dal volante. Nel sistemare lo specchietto retrovisore, mi sorprendo per la visuale completamente libera. Solitamente, con i due seggiolini porta bimbi, non mi resta che accontentarmi di un cono visivo più stretto di quello del gelato a tre gusti che, ora, trovo spiaccicato sulla tappezzeria posteriore. Già alla guida, mi allaccio la cintura. E questa volta senza che Marta me lo ricordi e senza che io, per giustificarmi del cattivo esempio, faccia finta di essermene dimenticato. Il viaggio è lungo. Accendo la radio e parte il cd con le canzoncine dello Zecchino d'Oro, ora ereditate da Agnese ma che ci tormentano sin dai tempi della primogenita. Spengo e, per reazione, non mi cimento nemmeno, nella sintonizzazione di un canale radio. Tanto si sa, in viaggio non c'è segnale che tenga. Squilla il cellulare. Apro il cassetto del cruscotto per tirar fuori l'auricolare ma immergo la mano in un liquido melmoso. Non si distingue più se si tratta dell'ultimo succo di frutta rifiutato da Agnese o dello yogurt lasciato a metà da Marta prima di entrare, in ritardo, a scuola. Il viaggio prosegue. Il sole picchia sull'autostrada e sento le gomme usate per l'inverno incollarsi sull'asfalto. Devo ricordarmi di fare il cambio e montare quelle estive. Si devo proprio farlo, se voglio viaggiare in sicurezza con le mie cucciole.

lunedì 5 maggio 2014

In viaggio con le frecce

"Chi viaggia con le frecce, viaggia con il massimo confort". Così ci accoglie il treno su cui siamo saliti per le nostre vacanze di Pasqua. Agnese non se lo fa ripetere due volte e si mette a suo agio, occupando interamente il posto che non le spetta.
Marta si siede accanto al finestrino e mi chiede se da qualche parte c'è un indiano che le scaglia con il suo arco lungo i binari. La mamma occupa il terzo posto e a me tocca stare in piedi in fondo alla carrozza, a guardia delle valige raddoppiate rispetto alla partenza (e non certo per clonazione spontanea).
"Sei socio carta freccia?", irrompe lo speaker nel sonno di Agnese che si era appena appisolata. Se mai ci avessi pensato, dopo una così tempestiva azione di marketing se la possono sognare la mia fidelizzazione.
"In prima, si ha diritto ad un welcome drink", recita il nostro loquace accompagnatore. A noi, come benvenuto, sarebbe stato sufficiente un biberon di latte ma credo che, in standard, non sia previsto n'è l'uno nell'altro.
La freccia viaggia veloce con un leggero dondolio che stimola l'intestino della più piccola. "Vado a sgranchirmi un po' le gambe", dice l'ottantenne seduto accanto ad Agnese. E come lui, pian piano, vedo i nostri vicini di posto allontanarsi con le più improbabili della giustificazioni. L’unico rimedio per evitare l’evacuazione totale del treno è il “cambio al volo” del pannolino, utilizzando il bagno della vettura dalle dimensioni notoriamente anguste, qualunque sia la categoria della carrozza. Anche se a 300 km/h, è per me un gioco da ragazzi, una pratica che, ormai da tempo, eseguo con destrezza e perfetto senso di equilibrio.
"Con i nostri treni si viaggia di gusto", insiste la voce che ormai scandisce tutti i momenti della permanenza in carrozza. Mi viene da pensare che sembra di essere in un villaggio turistico dove se uno ha voglia di starsene per fatti suoi e decidere di fare quello che gli pare, quando gli pare, deve chiudersi in bagno. Nel nostro caso, tale soluzione  non è del tutto raccomandabile dopo l’intervento di decontaminazione portato a termine. Inoltre, non capisco se, parlando di gusto, si riferisce agli snack proposti dal personale di bordo o piuttosto alla voracità di Marta che, chissà perché, quando viaggia divorerebbe di tutto, a cominciare dagli omogeneizzati della sorella.
"Grazie per aver viaggiato con Trenitalia", dice alla fine del viaggio, la voce gracchiante dello speaker. Si ma la prossima volta dite all'indiano di scagliare la freccia con più forza. Magari si fa prima ad arrivare!

venerdì 2 maggio 2014

Una sera all’insegna del thriller

Dopo cena, alcuni minuti di silenzio sospetto furono sufficienti a far scattare l'allarme rosso. "Dove è la bambina?". "Non lo so, pensavo fosse…". M. non mi lasciò il tempo di concludere e, con tono concitato, passò oltre. "Marta, Agnese sta giocando con te?". "No mamma, io sto disegnando e non l'ho vista". A quel punto, l'accelerazione del battito cardiaco e la sudorazione, prevalsero sulla lucidità. Si delinearono tre possibili drammatici scenari. M. assunse la regia delle operazioni di soccorso e intestò a se il coordinamento strategico. "Vai a vedere se si è chiusa nell'armadio della sua cameretta”, mi disse con tono minaccioso. “Marta, corri in bagno e controlla se si sta infilando nel cesto della lavatrice". "Io faccio il giro delle finestre per controllare se sono tutte chiuse". A lei, in quanto mamma, in caso di tragedia, sarebbe toccata la pena maggiore. Fortunatamente le finestre erano tutte chiuse ma di Agnese si erano perse le tracce. Nessun ciuccio disseminato per casa che avrebbe potuto aiutarci nella ricerca come, invece, fecero in un'altra situazione, le briciole di pane per Pollicino. La scia maleodorante lasciata dalla bambina prima di un cambio di pannolino avrebbe potuto favorire il ritrovamento. Ma, ahimé, era stata appena cambiata e con grande soddisfazione per tutti gli occupanti della casa. Persino i giochi erano tutti al loro posto e l'ordine insolito non aiutava a ricostruire gli ultimi minuti prima della scomparsa. Il comandante in capo stava cedendo. Al culmine dell'agitazione, squillò il telefono. "Ciao, come stanno le bambine?". E si, perché sono le nipoti la prima (e unica) preoccupazione dei nonni quando chiamano A quel punto, le lacrime si fecero strada  sul volto di M., ormai segnato dalla disperazione. Come ogni thriller che si rispetti, il finale è a sorpresa. Ad ogni lettore il suo preferito:
1) "Papi, corri. Vieni a vedere", gridò Marta. Si era arrampicata spontaneamente sul lettone per addormentarsi, stremata. Ci siamo commossi e, vista l'ora, ne approfittammò per andare tutti a dormire.
2) Aprì gli occhi e mi svegliai dall'incubo. Sarà stata la conseguenza di tutte quelle inutili notizie che solitamente, la sera, vengono riportate dai telegiornali sulla scomparsa dei bambini? Rivalutai, allora, le serate trascorse in compagnia di Peppa Pig.
3) Contando sulla complicità della sorella, era in bagno, impegnata a tirar fuori dalla lavatrice il bucato. E a me, nottetempo, toccò di raccogliere tutto e andare a stendere il bucato.